L’uomo che parlava il linguaggio del rally

Il rally? Se non lo vivi non lo sai!

“Una delle sue tante battaglie con cronometro e sterrato: Concentrato, ma con la battuta sempre pronta.”

Quando si parla di rally in Italia, prima o poi salta fuori un nome: Claudio Bortoletto.
Non serve spiegare troppo: chi c’era lo sa. E chi non c’era, può iniziare da qui. Claudio è stato uno di quei piloti che hanno respirato motori fin da piccoli. Il suo mondo era fatto di caschi, gomme consumate e tabella tempi stretta nel pugno. Uno che prima di parlare, partiva.

Ha cominciato come tanti, tra gare locali e passaggi al limite, ma non era uno qualunque.
Aveva qualcosa negli occhi: quella scintilla da chi non corre solo per vincere, ma perché non potrebbe fare altrimenti.

Negli anni ‘80 e ‘90, Claudio ha fatto parte dell’anima vera del rally italiano.
Non era uno da riflettori o TV: era uno da strada, da speciali sotto la pioggia, da meccanici che lo salutavano come un fratello.

Le sue macchine – che fossero Peugeot, Lancia o Ford – diventavano estensioni delle sue mani.
Chi lo ha visto guidare lo racconta così:

“Pulito, veloce, istintivo. Uno che sentiva la macchina parlare.”

“Una storica immagine che racconta la vera anima del rally: Claudio Bortoletto al volante dell’Alfa Romeo Alfetta, concentrato tra polvere e passione pura. Un frammento autentico di quegli anni dove si correva con cuore e coraggio.

E non c’era solo il pilota.

C’era l’uomo. Simpatico, diretto, sempre con una parola per tutti. Nei paddock era il primo a scherzare e l’ultimo a mollare. Era un punto di riferimento per chi si avvicinava al mondo delle corse.

 

🎙 “Il rally non si spiega. Si vive.”
Questa è una frase che gli piaceva ripetere. Ed è proprio questo il senso della sua storia: Claudio non era solo un nome su una classifica, ma una parte vera di questa passione che ci unisce.

Oggi, raccontarlo è come raccontare una curva presa al limite:
se non ci provi, non lo capisci.

 

Motorsport is beautiful

 

Filippo Gasparello

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