Bresso,

Luogo di motori, di sogni, di incontri.

Spesso, per vizio o per sport, sentiamo citare la Motor Valley italiana dove nascono le migliori auto o i più grandi talenti italiani. In parte è vero: Lamborghini, Ferrari, Pagani, Dallara. Un poker italiano, un piatto di corallo rosa che fa tremare le piattaforme petrolifere nel mondo. Come non potrebbe dopotutto? La storia degl’assi italiani la conosciamo, vista, rivista, ripetuta così tante volte che ogni tanto da la nausea. Colpisce sempre ascoltare una mentalità imprenditoriale che oggi sembra scomparsa. Miti e legende che hanno lasciato una traccia della loro vita terrena a pochi fortunati e ha tanti sognatori.

Ma oggi è tempo di cambiare rotta. L’incontro di oggi è con la storia dedicata ai puristi, amanti e sposi promessi mai dichiarati, per divergenze, si capisce. Sempre altrui. Ma che importa? Il tempo scorre veloce come le lancette del cronometro o come le lancette dei cruscotti delle auto da corsa che alzano i battiti del cuore, bruciano i pensieri come i pneumatici sull’asfalto rovente, e fumanti lasciano correre i cavalli imprigionati nel cuore meccanico.

In punta di piedi mi fermo e metto i guanti in velluto, una calma apparente. E’ arrivò Mariagrazia Facetti.

Signora di un tempo che si è fermato con la sua eleganza e raffinatezza, sguardo cupo e serio pronto a sfondare ogni muro. E così che incomincia il viaggio nel tempo per scoprire il motorsport, per avvicinarmi alla storia della Famiglia Facetti e di cosa sono stati per il motorsport.

Mariagrazia, grazie per questo incontro. Partiamo da Ascari, uno dei più grandi piloti che la storia ha conosciuto anche perchè mi hai incuriosito molto con la storia delle uova…

Devi sapere che tutti i grandi piloti che conosci sono passati da noi. Ascari, Taruffi, Bandini. Giusto qualche nome per darti un’idea. A casa nostra veniva Ascari, sua moglie passava sempre da mia nonna a prendere le uova dalle nostre galline perchè diceva sempre “mio marito con le vostre uova va più veloce“. Pensa che portava da mio nonno Piero la sua auto per le preparazioni e la messa a punto. Sai un tempo non c’erano ponti e le tecnologie moderne, esistevano le buche. Ecco. Mio padre Carlo, quando era bambino, un giorno saltò sulla macchina di Ascari e…Finì in buca!”

Ascari comprò una Maserati da Villoresi. 

Il tempo c’è l’ha portato via troppo presto in quel terribile incidente a Monza. Nessuno ha mai saputo cosa è accaduto davvero…

Mi hai parlato anche di Lorenzo, un pilota che ancora oggi mi fa emozionare…

Lorenzo. Caro ragazzo. Per mio nonno era come un figlio sai? Lui dormiva sempre in officina dal suocero. Ma la sua carriera inizia dai Facetti, fu grazie alla mia famiglia se tutti lo conoscono ed arrivò in Ferrari fino a quel terribile giorno… A Montecarlo, dopo che prese sul viso il fumo dell’olio motore della vettura davanti a se, passò sul traguardo demoralizzato, deconcentrato e quel passaggio fu l’ultimo. Poi andò in testa coda… Sai già come finì. Margherita rimase molto scossa e non perdonò mai il pilota che causò quel terribile incidente. Quel giorno disse: “sono una vedova povera“.  Il Drake non pagava l’assicurazione ai piloti e dopo la scomparsa di Bandini, Margherita, non ricevette nessuna ricompensa o un rimborso da nessuno.

Parliamo di papà Carlo e della sua infinita carriera: La targa Florio era una fiore all’occhiello e partecipare era speciale

Mio papà correva con la Tecno in quel anno. Conobbe così Clay. Della targa cosa posso dirti? Che in quella corsa serviva tanta follia e lucidità agonistica che in pochi avevano, è difficile identificare chi ne avesse di più. Erano nobili piloti che si sfidavano su un tracciato cittadino tanto affascinante quanto puro in bellezza e storia. Per quella corsa sono passati molti piloti, ancora oggi ricordati: le loro prodezze però piano piano svaniscono in quanto nessuno più parla di Targa Florio e di ciò che è stata.

Italia – Argentina un diario di viaggio prezioso

Le gare in Sud America e quindi andar lì ha un ordine preciso che seguiremo:  Giuseppe Vannini fu l’artefice di tutto in quando era l’importatore per Alfa Romeo. Ebbe l’idea di far correre le Giuliette TI nel gran premio YPF, una gara lunga 5000 km: Un endurance sud americana. Era il 1961 quando si presentò in officina, mio nonno lo riconobbe subito in quanto è stato il meccanico del Conte Lurani. Dopo una lunga chiacchierata ed una discussione in famiglia ci mettemmo all’opera: la richiesta era di 5 motori da portare in Argentina ma i Facetti optarono per una unità se questa superava i test al banco allora si andava avanti con i lavori. In poco tempo mio papà e suo fratello riuscirono nell’elaborazione del motore e risultati sperati arrivarono, così venne spedito il propulsore e affidato a Gonzales – amico di Vannini – vincitore con Ferrari nel 1950 a Silverstone autore della prima vittoria della casa di Maranello in terra inglese. Tutto andò benissimo e così prepararono gli altri 4 motori. Fu così che nel 1961 mio padre partì per curare i motori da noi preparati su richiesta di Vannini e Alfa Romeo. Una volta arrivato, mio papà si mise subito all’opera, il tempo a disposizione era poco. Lavorando giorno e notte portò a termine i lavori. Vannini volle assicurarsi che tutto fosse perfetto e lo mise alla guida della Giulietta.

Quello fu il giorno in cui Carlo Facetti iniziò la carriera da pilota.

Le doti di guida colpirono l’importatore e decise di iscriverlo alla gara al posto di un cliente pagante. L’argentina è una terra piena di incognite e la gara fu una sorpresa dietro l’altra. Uno dei problemi riscontrati durante la gara erano i guadi di acqua, alcuni molto profondi. A quei tempi i motori erano molto esposti e il rischio che l’acqua bagnasse lo spinterogeno era elevato nonostante le protezioni.  Loro con le Alfa trovarono una soluzione: tenevano i giri del motore intorno a 4500 così la ventola impediva all’acqua di entrare e di spegnere il motore.

Però papà Carlo non riuscì a finire la corsa per via di un incidente e gli altri piloti in gara?

Seguì la corsa dall’elicottero. Il team era ben organizzato, non come Mercedes, un’altra storia, un’altra categoria, ma si difendevano bene. Inoltre Vannini disponeva di un aereo e questo veniva sfruttato come aiuto ai piloti in corsa. Cosa accadeva? Semplicemente quando si arrivava nella zona più tortuosa del circuito, il pilota dell’aereo, per segnalare possibili pericoli o curve difficili, eseguiva delle manovre sul proprio asse per segnalare questi pericoli. La gara terminò con un risultato che ripagò di ogni fatica fatta: le nostre vetture arrivarono al terzo e quarto posto dietro alle potenti Mercedes ma prime e seconde nella categoria delle 1500cc.  Auto Delta aveva abbandonato una 33 in un angolo del capannone. Mio papà la vide e la ritirò e con quella vettura andò a correre alla 1000 km di Buenos Aires. La vettura non era ufficiale Auto Delta e sullo schieramento, Carlo Chiti – amico di mio papà – si avvicinò e gli chiese di non arrivare davanti alle vetture ufficiali. Secondo te come finì? Senza Fangio che si occupò di ogni dettaglio e necessità oggi racconterei un’altra storia.

Dopo l’avventura lontani da casa arriva il primo vero reclamo e sensibilizzazione per la sicurezza dei piloti. Un tempo non era un tema considerato.

Come per ogni cosa, ahimè, deve accadere qualcosa di grave prima di vedere interventi drastici. Papà partecipò alla gara di Formula 3 XVII Coppa d’oro di Caserta. In quella gara c’era Regazzoni, Beat Fehr, Geki Russo e Romano Perdomi. Quella gara divenne tristemente ricordata per via degli incidenti accaduti: dopo 8 tornate Fehr e Russo persero la vita sul posto a distanza di qualche giorno la stessa sorte toccò a Tiger ( Romano Perdomi ). La verità è che ogni epoca ha avuto un suo livello di accettazione del rischio: le gare di Nuvolari e Varzi, ad esempio, non erano più considerate sicure come oggi non è pensabile di fare la Targa Florio, Mille Miglia, Circuito del Garda, Circuito del Mugello, Napoli, Messina, Caserta ecc. ecc. Da un lato il motorsport ha perso tanto in termini di spettacolo e storia, dall’altro ha guadagnato in termini di sicurezza migliorando tanto questo aspetto.

Raccontare la storia di Carlo Facetti è un impresa biblica: Dopo la Formula Junior e la F3 arriva Alfa Romeo e la rampa di lancio per lanciarsi nel campionato IMSA e iniziare una collaborazione con Lamborghini e Maserati. Non solo. La leggendaria Lancia Stratos, vettura dedicata al rally, affidata alle cure dei Facetti trova una nuova identità e dallo sterrato passerà all’asfalto dominando.

Un assaggio di storia e passione, di sacrifici e avventure che impreziosiscono un palmares che oggi è utopia.

La Famiglia Facetti di Bresso?

Un corallo raro in mezzo a tanto oro.

Motorsport is beautiful

 

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