Albert Francois Cevert,

francese, buona famiglia, nato e cresciuto in una Parigi che non esprimeva alcun tipo di accoglienza negli anni ’40.

Ed ecco che la chimica ha i suoi capostipiti per trovare un punto di sfogo, trovano il loro posto quando Cevert conosce il futuro marito della sorella Jacqueline, un motociclista e futuro pilota di formula 1: Jean-Pierre Beltoise.

Beltoise e Cevert, le porte del mondo motoristico, una storia lunghissima fino al 1964, quando Francois decise che era il momento di fare sul serio, iscrivendosi alla scuola di automobilismo al circuito di Montlhéry. Due anni dopo conquista il Volant Shell, battendo cosi anche la giovanissima promessa Patrick Depailler. La stella Cevert brilla più della luna e l’anno dopo si lega al team Tecno, al loro fianco vince il titolo nazionale in formula 3. 1969, la Tecno promuove il rinomato pilota francese in formula 2. Debutta all’Hockenheimring, si fa strada meravigliosamente tra gli avversari per tutta la stagione e la conclude con un terzo posto assoluto, non si preclude poi di partecipare ad una gara fuori dal campionato: il Gran Premio di Reims.

1970, l’anno di Cevert

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©Cahier Archive

Per la stagione di Formula 2, la Tecno affidò al francese una Matra scommettendo su di lui, senza notare gli altri team attenti alla guida e lo stile di Cevert. Tecno, dal canto suo, dava per scontato la fedeltà al team che lo aveva cresciuto fino a quel momento; A metà della stagione di formula 1 dello stesso anno, però, il team Tyrell affronta una decisione che sconvolgerebbe ogni scuderia del tempo: Peter Revson si ritira. L’occasione della vita prende forma, si insidia la raccomandazione di Jackie Stewart, già pilota del noto team inglese, che aveva notato un giovane francese dargli del filo torcere al London Trophy nel maggio 1969, a quel punto la scelta fu facile, volevano Francois Cevert per far cantare i loro motori Ford ed il 26enne francese non si fece scrupoli e diede inizio ad un nuovo capitolo con il nuovo team, diventando quindi gregario di Stewart.

Le vittorie dell’esordio sulla March, con annessi guasti al motore e il Gran Premio d’Italia a Monza, portano in alto il nome del team inglese e del pilota da poco insidiatosi, confermando le potenzialità di Cevert e facendo crescere un rapporto di amicizia fra lui e Stewart, che diventerà un riferimento per il novellino. L’anno successivo la coppia Steward – Ceverd inizia a brillare con lo scozzese che vince 6 di 11 gare. Cevert vincerà l’ultimo gran premio della stagione portando a casa i primi punti mondiali. L’inizio di un nuovo capitolo, per lui, per la Tyrrell, per tutti. Il 1972 non è fortunato per il francese dagl’occhi di ghiaccio che rimedia più ritiri che podi chiudendo la stagione al 6 posto in classifica piloti e con Steward secondo in classifica, il team inglese riesce a conquistare la seconda piazza nel campionato costruttori dietro alla Lotus-

Il riscatto del 1973, Watkins Glen, il bacio di Helen

Nella stagione del 1973 Stewart ritrova il dualismo già presentatosi negli anni precedenti con Fittipaldi. Fracois Cevert lotta con Ronnie Peterson per punti mondiali importanti, visto il velocissimo biondo svedese protagonista di una guida spettacolare che lascerà, nel tempo, un ricordo vivissimo, ancora oggi, tra gli appassionati. Fracois Cevert brilla in Argentina, a Zoleder e in Spagna. Quarto a Monaco e terzo al Gran Premio di Svezia, secondo in Francia e quinto in Gran Bretagna. Non c’è angolo della terra dove non venga riconosciuto e acclamato, non esiste persona che non lo conosca o rivista che non ne parli, la sua fama cresce e con lei anche le aspettative di tutti per le competizioni a venire. L’amicizia con Steward e la bellisima Helen, moglie dello scozzese, sono il binomio perfetto per il francese dagli occhi di ghiaccio che inizia la sua scalata mondiale migliorando con costanza e diventando sempre più veloce.

Zandvoort, 29 Luglio 1973, Gran Premio d’Olanda. Roger Wiliamson sbanda, la sua March si ribalta e prende fuoco. La vettura continua a strisciare per diversi metri diventando un palla di fuoco.  La scomparsa del pilota inglese sconvolge il circus e Cevert accusa il colpo. Il francese rimane costante ma non più così veloce. Si giunge così al 6 ottobre 1973, il dualismo è sempre con Ronnie Peterson: quel sabato i due ingranano ancora una volta le marce di quei motori – goliardici gladiotori – sfidandosi in quello che per Cevert sarà l’ultimo giro in quella pista, l’ultima curva da chiudere e le ultime immagini che ricorderanno sempre lo stile e l’eleganza della guida di Francois Cevert.

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©Cahier Archive

Il 7 ottobre Fracois Cevert esce per quello che sarà il suo ultimo tentativo di qualificarsi, la sua ultima corsa.

Lo sguardo freddo osserva la pit lane, mentre si appresta ad uscire, la voce di una donna lo chiama, attira la sua attenzione e gli manda un bacio. E’ il saluto di Helen, è il loro mantra. Ma quella volta non funzionò. I commissari di gara trovano il corpo senza vita, il pilota intrappolato tra le lamiere della Tyrell 006, il casco sfondato da una ruota, ed un guard-rail a dir poco inguardabile. In molti provarono a cercare una causa effettiva per questo incidente, persino Niki Lauda scrisse di un avvallamento proprio su quella curva nel suo libro, forse questo fattore insieme all’eccessivo carico esterno verso il bordo pista fu la causa di un incidente mortale. Eccesso di velocità in curva, un eccesso di fiducia. Nessuno saprà mai cosa accadde davvero.

L’eterna amicizia di Cevert e Steward causò una rottura nelle certezze dello scozzese che anticipò la sua decisione ritirandosi per sempre dal mondo delle corse.

La morte del 29enne francese sconvolge la Formula 1.

La sua fama, la sua vita, vive ancora oggi.

Giovanna Corona

 

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