F1,

Ungheria. Quanti ricordi.

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©Paul Henry – Getty Images

Ti ricordi quella strada, la gente che correva e gridava insieme a noi…

Sulle parole del testo di una canzone di Antonello Venditti, questa sera mi trovo a scrivere del Gp di Ungheria. Una corsa unica, sotto molti aspetti. Ha inondato le menti e i cuori degli appassionati del passato e del presente lasciando solchi nei cuori e dividendo le tifoserie; spaccate certezze granitiche infrangendo regole; creati magnetismi e attriti lasciando scie cosmiche di emozioni nei cuori di tutti. Alcune di esse lasciano sbigottiti, altri, invece, sono nei cuori sognanti.

Ayrton vs Piquet

Derby brasiliano. Il campione e lo sfidante, uniti dai colori della bandiera, acerrimi nemici in pista. I due brasiliani si resero protagonisti per un duello stellare finito solo con una manovra da Mission Impossible: Staccata lunga, auto di traverso e sorpasso dall’esterno alla prima curva. Piquet primo, Senna secondo. Il colpo di scena che non ti aspetti. Il colpo, appunto, è quello alla Clint Eastwood: Leggendario. Anno 1986 Lotus Renault vs Williams Honda. Binomi di altri tempi.

Alonso vs Hamilton

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©David Davies PA Images PA Images via Getty Images

La F1 cambia. Monoposto più veloci, motori domati da elettronica e talenti di un’epoca diversa, non per testardaggine o determinazione. Il circuito è sempre lo stesso, alcuni tecnici sono ancora tra gli addetti ai lavori. I piloti sono due talenti: uno è un campione affermato in cerca della terza corona, l’altro è un ragazzo cresciuto sognando Ayrton, guida con il suo casco, lo imita, cerca il suo fantasma e lo insegue. Un inglese e uno spagnolo. Un mix esplosivo. Fernando Alonso e Lewis Hamilton, due talenti, appunto, con lingue affilate e piedi pesanti. Una stagione di incomprensioni, screzi, Spy story e infine quel pit stop. Quel dannato pit stop. Quella sosta che cambiò gli equilibri della squadra, spezzò fiducie, rimandò festeggiamenti mondiali. Un dispetto, un capriccio, fate voi.

Vettel & Co: Marshal, soldati, maggiordomi

In Ungheria accadono sempre cose strane. Tra loro c’erano la frizioni RedBull tra l’olandese volante e l’imprevedibile australiano, che li vede protagonisti sin da subito per un contatto che infiamma gli animi. A rimetterci però è Ricciardo, il contatto crea problemi alla vettura, gara sfumata. Ma le sorprese non sono finite, hanno un colore, un numero, un problema, serio. Il voltante sulla rossa numero 5.

Il volante tira a sinistra, non posso tenerlo dritto” S. Vettel.

Ed ecco che iniziano le frenetiche operazioni tra gli uomini in rosso e le preghiere dei fedeli che si attaccano ad ogni santo pur di vedere il trionfo. Il santo, in realtà, è in pista. Un marshal viene a sapere del problema, si espone e allunga il braccio per mostrare il pollice in alto. Sarà il mantra della gara, quell’aiuto inaspettato firmato Ungheria. Anno 2017. Il ferrarista a fine corsa ringrazierà in mondo visione quell’addetto ai lavori dichiarando: “C’era un commissario che ad ogni passaggio mi mostrava il pollice in alto. Mi è stato d’aiuto per continuare a guidare nonostante il problema al volante. Ad ogni passaggio sapevo di trovarlo”.

©Mark Thompson Getty Images

Ma non c’è solo Vettel e Ferrari quel giorno. C’è un inseguitore che torna in terra ungherese con altre vesti, altra testa, altra squadra. Il team impone un gioco di squadra, in gioco c’è altro. Hamilton si gioca il mondiale proprio contro Vettel. Bottas ne ha di più, in apparenza, arriva l’ordine di squadra, ma Kimi non cede. Il muro fillandese aiuta resiste, l’attacco inglese cede. Una manciata di punti, un podio, una vittoria sfumata grazie a Raikkonen e alla sua difesa. Un ordine di scuderia che ancora oggi fa discutere.

Tra pochi giorni la F1 metterà piede in terra ungherese, cosa ci riserverà questa tappa mondiale? Non ci resta che aspettare e osservare quali sorprese ci riserverà il giro di boa della F1.

Motorsport is beautiful

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