Formula 1.

Caro Roland,

Il Santerno, sapiente e saggio fiume, nella notte riposa, nella notte sogna, nella notte pensa. In quella notte tra venerdì e sabato il silenzio veniva spezzato solo dal rumore dell’acqua di quel fiume che bagna Imola, costeggia l’autodromo, soffia e sussurra ai piloti, quelli temerari, ai più sognatori, ai romantici e nostalgici. A quei piloti l‘Autodromo Enzo e Dino Ferrari ha dato tanto, ha fatto innamorare tutti, ha lasciato solchi profondi e vittorie romantiche. Ha lascito spazio anche alle storie di vita, come la tua, come quella di Ayrton, come quella di tanti.

Caro Roland sono passati molti anni dalla tua scomparsa e questo articolo che stavo cercando di scrivere era nato come un ricordo di te, dell’uomo, del pilota, del sognatore le cui ali non hanno avuto il tempo di aprirsi come avrebbero dovuto, come sarebbe piaciuto, come tutti avremmo voluto per non aprire lo scrigno della memoria con la chiave del dolore: un week-end così nero, dopo tutto questo tempo, fa ancora male.

Ed è così che giungiamo al primo maggio del 2023 senza una vera e propria spiegazione, senza una risposta adeguata, senza un perchè, vero, genuino. Ci rimangono foto e qualche ricordo, un ritratto con un sorriso enorme che ci accompagna ogni anno per ricordarti e quelle immagini terribili di una vettura dilaniata, sbattuta li come un ferro vecchio, come se nulla fosse, una vecchia carcassa senza valore.

Poi ci sono le immagini del campione, dell’idolo assoluto che non sopporta e scatta dalla sedia per andar via, per scappare, una fuga dalla realtà. Una fuga verso chissà dove, in cerca di chissà che, forse un perchè.

Passano gli anni, torniamo sempre al sabato, quello del 30 aprile, di un anno in più. 

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©JEAN-LOUP GAUTREAU/AFP via Getty Images

La tecnologia ormai ha fatto passi avanti, incidenti come i tuoi? Ne abbiamo visti tanti, ne abbiamo visti di più brutti, ma i piloti sempre fuori, sulle loro gambe, con un pollice alto a confermare. Girano le foto, girano i ricordi, ognuno ha il suo. Uno più di tutti però rimarrà sempre impresso nella mia mente, come una cicatrice, come un fuoco mai spento: Ayrton e Watkins. Entrambi li, nel luogo del fattaccio. Facce sconvolte, facce stravolte, facce di chi non crede, non accetta, non vuole ascoltare ne vedere ma soprattutto credere. Fuggire sarebbe stato giusto, forse meglio, forse no. Serviva stare li, osservare quel muro sporco di nero, lasciar correre i pensieri, provare ad ascoltare il vento, scorgere le parole. Invece no, tutto andò come già conosciamo, come ogni anno ricordiamo e, per chi non c’era o non era nato, diventa difficile spiegare e far capire cosa sei stato per tutti noi.

Caro Roland, oggi non ho più l’età di quell’era in cui la Formula 1 era vulnerabile, fragile e allo stesso tempo bella, pulita, senza artefatti, senza tecnologie, oggi la Formula 1 è fatta di vie di fuga, di auto invincibili, noiosi dettagli e ricerca estrema di ogni cosa. Ma ancora oggi il tuo sacrificio viene ricordato, la catena dei ricordi non si è mai spezzata e continua a vivere.

Caro Roland, in un’altra vita, la tua, non si sarebbe spezzata così in fretta.

Motorsport is beautiful

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