Teatro lirico Giorgio Gaber,

L’atmosfera è quella che solo i centauri sanno creare.

Amici, fratelli, gnocca, birra, sigaretta. Ribelli pacifici con vistose giacche in pelle, stivali da cowboy, tute come corazze. Non c’è regola, non c’è distinzione, razzismo, discriminazione. C’è la moto. Quelle due ruote che ti permettono di cavalcare per chilometri e chilometri senza paura, con il vento in faccia, la libertà nella sua massima espressione. Ed ecco che il teatro si riempie, siamo tutti vicini, non c’è un’età. Esiste solo la catena della libertà, l’unica che rende felici, quella della ruota posteriore di una moto e non ti lascia più.

Ed è così che l’inconfondibile voce di Luca Ward, in una serata tra amici, fa il prologo della serata. Un fascio di luce illumina il palco, poi si sposta su Luca. Si schiarisce la voce e comincia:

Tre campioni, tre epoche diverse, una cosa in comune: l’amore per le due ruote. Questa ruota infinita che fa innamorare tutti, questo senso di libertà sconfinato che regala sempre forti emozioni“.

Al Teatro Lirico Giorgio Gaber c’è stato il battesimo dei ricordi, lo scrigno più bello che si apre toccando le corde dell’anima, andando a ritroso nel tempo, viaggiando nelle epoche e confrontando le culture dei padri che del motociclismo sapevano poco. Agostini su tutti. Lui è il più giovane dei tre, colui che ha dato il colpo di frusta, il padrino di tanti piloti italiani: 13 titolo in Mv Agusta, 2 in Yamaha, America, Europa, TT. Ovunque sia andato ha lasciato il segno, a modo suo, con l’umiltà, che da sempre lo contraddistingue nonostante abbia vinto tutto ciò che poteva vincere. Ogni volta che lo guardo, in tv o dal vivo, ripenso ad alcuni suoi aneddoti raccontati in una serata diversa da questa. Poi c’è Lucchinelli, eterno ragazzino. L’età con lui, come per tanti, non conta. Sorriso stampato in faccia, atteggiamento spavaldo, ironia a tutto gas e giù il polso a tenere aperto il rubinetto delle battute.

Sul grande schermo alle loro spalle scorrono le immagini di una vita, di un’epopea incredibilmente lontana. Caschi a scodella, i primi disegni per gli integrali, buchi per far entrare le sigarette e  le protezioni a bordo pista; Balle di fieno e niente vie di fuga. 

Ed è così che arriva il turno di Loris. Il più giovane campione del mondo, record imbattuto. I ricordi più belli? Quelli in Ducati, quella piccola azienda di Borgo Panigale che sognava la MotoGp per sfidare i grandi e lo ingaggiando proprio lui. Loris. I ricordi affiorano, in sala ci emozioniamo, ripensiamo ad una carriera lunghissima che sembrava infinita, Spagna, Mugello, Malesia, Valencia giusto per citare alcuni dei tanti Gp disputati con la quella Ducati desmosedici che decollava su ogni rettilineo e solo Brembo era in grado di fornire aereo freni per rallentare la corsa di quel gioiello di tecnologia e potenza pura.

Tre uomini, tre piloti, tre campioni. Diversi tra loro, diversi per modo dire perchè in fondo, l’unica differenza è stata l’epoca in cui hanno vissuto.

La serata si conclude tra ricordi, risate, emozioni e aneddoti. Il mio preferito? Quello di Agostini e dei suoi amici che barattarono vestiti e scarpe per due gomme nuove. Mettiti comodo e dedica ancora qualche minuto a questo articolo. Vale la pena scontrarsi con un passato che poco conosciamo.

Milano, locale Ciapa La Moto. Lui, Giacomo Agostini, era ospite nella serata dedicata interamente a lui, fu la prima volta che lo conobbi dal vivo. Tra i tanti racconti di come tutto iniziò, di come proseguì la sua carriera, la storia più bella fu questa:

Era un week-end di gara, uno dei tanti a cui partecipavo. I miei genitori erano contadini, non erano certo persone ricche. Però ebbi la fortuna di avere un auto. Così ogni giovedì caricavo la moto sul carrello e partivo. Sponsor? Il panettiere della mia città. In quel week-end dovetti impegnarmi molto per guadagnare la pole position, ero un privato, senza soldi, ne grandi aiuti, dovevo fare tutto da me, riuscì comunque nell’impresa. Quando sono tornato alla macchina mi resi conto che le sottili gomme della mia moto erano finite, ridotte alla tela, venni preso dallo sconforto ma orami era sera, non potevo far più nulla, e non avevo soldi per comprare altre gomme“.

Il racconto prese una piega drammatica, ma la svolta…

I miei amici dopo avermi consolato aspettarono che mi addormentassi e andarono in giro tutta la notte a barattare tutto quello che avevamo: scarpe, qualche vestito, cibo. Si presentarono la mattina con le gomme nuove per farmi correre, chi senza scarpe, chi senza i pantaloni o la maglietta… Quel giorno vinsi la gara e li ripagai di tutti gli sforzi fatti.”

Motorsport is beautiful

 

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