52 Gran Premi disputati,  3 giri veloci, 14 podi, una vittoria, concittadino e amico di Graham Hill, diventando il suo punto di riferimento. Un pilota che ha guidato per Ferrari, Scarab, BRM, Lotus, Honda, Cooper, Eagle.

Richie Ginther non è stato un semplice pilota, uno di quelli che arrivano e si spengono in fretta. Il californiano è stato una bomba ad orologeria esplosa troppo presto lasciando questo mondo con una sola vittoria. Avrebbe meritato di più? Probabilmente si. La sua è la storia di un uomo che ha vissuto la guerra e aveva la fortuna di conoscere la famiglia Hill. Operaio come suo padre nell’aviazione e nel tempo libero si occupava di gestire la sua collezione di Hot Rods e di manutenzione insieme all’amico Hill. Riscopriamo insieme la sua carriera e la sua breve ma intensa vita da pilota, facciamo un tuffo nel passato per rispolverare la memoria di una generazione di piloti chiamati “cavalieri del rischio”. 

From Granada Hills to Japan

Nasce a Granada Hills in un paesino della California nel lontano 5 agosto 1930. Figlio di umili e onesti lavoratori. Ginther finiti gli studi nel 1948 decise di seguire le orme del padre e entrare nell’azienda Douglas Aircraft – attualmente conosciuta come Boing. Nel 1951 decise di partecipare ad una gare di auto ma le sue intenzioni vennero fermate quasi subito; l’America aveva bisogno del suo aiuto per combattere una guerra e per due anni rimase lontano da casa. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. La guerra lo formò e lo aiutò a migliorare le sue conoscenze tecniche nel campo aeronautico, ed è così che nel 1953 Hill lo chiamò per un collaudo della sua Ferrari e di partecipare alla Carrera Panamericana. Entusiasta della proposta dell’amico accettò. Quella gara finirà con entrambi fuori per un errore di Hill, fortunatamente illesi.

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© Cahier Archive

Nello stesso anno si mise in mostra con una Austin-Healey preparata da lui. Il suo nome balzò subito agli occhi Johin von Neumann proprietario della concessionaria Volkswagen- Porsche, Ferrari. Trovato un accordo i due iniziarono a collaborare ma, mentre svolgeva il suo lavoro per Neumann, Luigi Chinetti vincitore di 3 24h di Le Mans su Ferrari decise di corteggiarlo e di farlo correre nella North American Racing Team  (NART). Piede destro pesante, cuore oltre l’ostacolo, Ginther si fa notare grazie alle sue doti di guida:

  • Giugno 1957 vinse una gara per vetture GT di 15 giri  presso il nuovo Lime Rock Park, vinse anche la gara d’apertura del campionato nazionale a bordo della sua Ferrari
  • 1958 vince il Campionato della Pacific Coast SCCA e nello stesso anno, con una media di 134 km/h vinse la County Fairgrounds

Il 1960 è l’anno del debutto in F1. Il ragazzo è pronto a vendere cara la pelle e dimostrare di che pasta è fatto. Argentina, Belgio, Inghilterra non sorridono all’americano, bisognerà aspettare la pista brianzola per vederlo all’opera e le aspettative non vengono deluse; in coppia con l’amico Hill, Ginther condurrà la gara per 25 lunghi giri poi dovette cedere la vittoria al capo squadra Ferrari. Con il debutto a Monaco finendo sesto e lo stesso risultato a Zandvoort concluderà la stagione con 8 punti. Continua la striscia positiva per l’americano anche nel 1962 dove conquista 3 podi.

Dal 1962 al 1964 passa alla BRM che mette in risalto le doti del pilota a discapito di una vettura non sempre performante, a differenza di Ferrari. Ma Ginther non è un uomo dalla resa facile e in due anni riesce a sfiorare più volte la vittoria.

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© Cahier Archive

 

Passa il tempo, passano le squadre, cambiano i piloti, regolamenti, motori ma non cambia la volontà dei cavalieri del rischio di voler continuare la carriera agonistica nel pericoloso mondo della F1. Il 1965 è l’anno del debutto della Honda, la squadra del Sol Levante affida i suoi motori all’americano, speranzosi e fiduciosi in una possibile e tanto insperata vittoria. Ma la vita regala sempre grandi sorprese e Richie Ginther ne è la prova vivente:

Siamo in Messico Autodromo Hermanos Rodríguez, 65 giri, 325 Km, percorso di 5 km. Quel Week-end si presentano a bordo delle loro vetture:

  • Jim Clark su Lotus 33 Climax
  • Dan Gurney su Brabham BT11-Climax
  • Richie Ginther su Honda RA272
  • Black Jack Brabham su Brabham BT11-Climax
  • Graham Hill su BRM P261
  • Lorenzo Bandini su Ferrari 512
  • Bruce McLaren su Cooper T77 Climax

Questi sono solo alcuni piloti, una lista di campioni e leggende che ancora oggi mettono i brividi per le loro imprese. Sabato, giorno di qualifiche, Clark balza in Pole Position seguito da Gurney e Ginther distaccati da un fazzoletto. Ginther è intenzionato a partire con il coltello tra i denti, Clark è in testa al mondiale. Via! I piloti scattano e l’americano prende il comando della corsa! Il motore Honda unito alle coperture GoodYear resistono alla sprezzante arroganza dell’americano che spreme la vettura come un limone per tenere lontani tutti e la sua forza colpisce come un uragano i suoi avversari che li vede arrendersi tra frizioni bruciate, perdite di olio, rotture di motori e cambio. Nulla può Gurney che si arrese al distacco di 2.89 secondi. Richie Ginther realizza un sogno: Vince in Messico dopo 2:08:32.10 sec. ed è la prima vittoria per lui.

Good Bye blue sky

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Il titolo di uno dei capolavori dei Pink Floyd conclude la vita del pilota americano più coriaceo della storia della F1. Dopo aver girato il mondo, aver corso per le migliori scuderie di F1 e aver assaggiato il fuoco sulla sua pelle – come a Indy 500 quando l’etanolo bagno la sua schiena –  dovette arrendersi ad un attacco cardiaco avvenuto in vacanza con la famiglia in Francia.

Il 20 Settembre 1989 Richie Ginther saluta tutti chiedendo di esser cremato e di portare le ceneri in Messico, luogo sacro per lui, la sua prima ed unica vittoria per entrare nella leggenda. Ancora oggi Honda lo ricorda con orgoglio nei libri di storia della casa nipponica più importante al mondo.

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