Bruce ha misurato la vita nella realizzazione. Pilota da corsa vincitore di Gran Premi, pioniere nella progettazione di auto da corsa e fondatore del team di Formula 1 di maggior successo della storia, ha raggiunto una cifra sorprendente nei suoi tragicamente brevi 32 anni.
Bruce McLaren nasce a Auckland, 30 agosto 1937 figlio di Les e Ruth McLaren, i genitori erano proprietari di una stazione di servizio e di un’officina a Remuera, nella città dove nacque il loro primo figlio. A nove anni gli viene diagnostica la malattia di Legg-Calvé-Perthes (malattia che colpisce i bambini dai 5 ai 10 anni all’anca creando problemi muscolari, si sviluppa lentamente).
Gli anni passano e con esso anche la malattia. Bruce passerà tutta la sua infanzia e parte della sua adolescenza nell’officina del padre, curiosando, armeggiando, imparando. Nel 1952 arriva in officina il colpo di fulmine per Bruce, una catorcio da restaurare; E’ la Austin 7 Ulster quattro cilindri in linea, 800 cm cubici, è lei. Non resta che aspettare il restauro completo per far battere forte il cuore, spingere l’acceleratore ascoltare il rombo crescere insieme alle sue emozioni. 15 anni compiuti, la Austin è pronta. Con quella vettura partecipò alla sua prima gara in salita senza ottenere grandi risultati ma quell’ auto aveva fatto breccia nel cuore del giovane e aveva accesso un fuoco alimentato dal vento della passione per le corse che non lo abbandonerà mai più.
Black Jack Brabham; Uno sguardo proiettato al futuro
A due anni da quella gara in salita Bruce McLaren si fa notare ad ogni gara, le sue abilità alla guida sono ottime ma la sua vera qualità sta nel sapere migliorare la sua Cooper-Climax F2. La conoscenza tecnica applicata alla passione lo porta ad arrivare secondo nel campionato neozelandese a cui stava partecipando. E fu così che, durante il Gran Premio di Nuova Zelanda Black Jack Brabham lo notò. Ammaliato dalle sue doti decise di corteggiarlo per portarlo in europa. Siamo nel 1957 per il continente neozelandese ci sono due talenti da sostenere e non si lasciano scappare l’occasione; Bruce McLaren coglie l’occasione e firmò un contratto per correre con la Cooper dove resterà per sette anni. Chris Amon seguirà le tracce lasciate dal connazionale.
Siamo al Nordschleife, sull’altopiano dell’Eifel. Luogo dove ci sono più colline che montagne, una distesa di alberi e prati, e qualche piccolo paesino sparpagliato. Ce n’è uno, di questi paesini, con le rovine di un castello appollaiate in cima ad un’altura a mo’ di sinistro totem, che attorno a sé ha qualcosa in più degli altri. Probabilmente, da quelle parti, in un tempo passato deve aver abitato il Diavolo. Che lì, vicino al piccolo agglomerato di Nürburg, decise di disegnare un circuito tutto per sé. Perché una pista spietata come l’anello Nord no, non può averla pensata una mente umana. La Formula 1 e la Formula 2 approdano al circuito, tra loro anche c’è McLaren. Nessuno credeva in lui, alcuni pensavo di non rivederlo tornare ai box e invece… Con una prestazione superba stupisce, incanta e incassa una vittoria in F2 e un quinto posto assoluto in F1.
Keep pushing, over the limit!
Black Jack ha avuto ragione. Quando i suoi occhi si sono posati sul talento neozelandese in pochi hanno creduto nelle sue capacità, ma non Brabham.
Dicembre 1959 Sebring, Gran Premio di Formula 1, a bordo delle Cooper T51-Climax ci sono Black Jack e McLaren, seguono Phill Hill, Wolfgang von Trips, Stirling Moss anche lui con la Cooper T51. Sabato Stirling Moss precede tutti prendendosi la pole, lo segue Harry Schell e Brabham, decimo McLaren con un distacco di 8.6 secondi. Domenica giorno della gara; I motori si scaldano, la tensione e alle stelle, semafori rossi accesi… Via! Parte la gara! Bruce sa che deve recuperare molto, ha un distacco importante ma non importa; Getta il cuore oltre l’ostacolo, giù il piede destro e il motore Climax inizia a urlare. E’ un urlo di rabbia quello della T51 di McLaren, sa che deve dare tutto se stesso per quel ragazzo e così sarà; Maurice Trintignant ci mette l’anima ma McLaren ha qualcosa di più, lotta con il coltello tra i denti, il cuore galoppa come i cavalli del Climax e scatena una guerra agonistica che lo vede trionfare in 2:12:35.7 secondi, 42 giri, all’età di 22 ani e 104 giorni è il pilota più giovane a vincere in F1. L’alfiere della Cooper ripete l’impresa in Argentina l’anno successivo e, nel 1962 trionfa nel Principato di Monaco passando per primo sotto la bandiera a scacchi seguito da Hill e Bandini. Quella sarà l’ultima vittoria per Bruce in Cooper, per lui non ci saranno altre vittorie ma piazzamenti a punti o podi.
Nel 1966 decide di abbandonare Cooper per fondare un suo Team; Come Enzo Ferrari, Bruce McLaren fonda la scuderia McLaren, la sua prima vettura fu M2B motorizzata Ford. E’ l’inizio di una nuova era. Il neozelandese vincerà a Spa la sua prima ed unica gara con il team da lui fondato.
Goodbye Goodwood
“Molti mi chiedono il segreto dei nostri successi e la risposta è semplice: realizza una vettura più veloce di quelle dei tuoi avversari, il resto verrà di conseguenza…”.
Bruce McLaren ha 33 anni, e il vincitore più giovane nel campionato F1, vincitore della 24H di Le Mans nel 1966, ingegnere, tecnico, meccanico, pilota, collaudatore. Ha una vita veloce e intensa. A Goodwood durante i test della sua nuova McLaren, la M8D decide per lui. E giunto il momento di lasciare il nome nella Hall of Fame, di passare le consegne a chi può tenere alto il nome della scuderia di Woking da lui fondata.. A Goodwood ancora oggi esiste una torretta in cemento, abbandonata al suo destino, riposa e osserva tutti i piloti che passano di li.
Ma in realtà in cima a quella torre c’è un uomo che ha lottato contro il cronometro, un uomo veloce, uno che aveva fretta di far esplodere il suo talento e il suo fiuto nel saper elaborare le auto.
Quando siete a Goodwood passate da quella torretta, fermatevi, osservate in religioso silenzio e se un soffio di vento vi accarezza il viso, non preoccupatevi è Bruce McLaren che prende il suo posto in cima alla torretta.
Thank you, Bruce. Happy birthday 🧡 pic.twitter.com/VU5JTY9Wg1
— Gino Morillo Morales (@GMM1702) August 30, 2020