Pioniere della determinazione, l’uomo dei 10 minuti. L’ultimo eroe di una Formula 1 in pasto al business
16 aprile 1942, nasce l’uomo che nella Formula 1 ha fatto la storia, fondatore della scuderia Williams unico proprietario di un team privato. Frank Williams ha incarnato un vecchio; i bambini nati di Giovedì sono destinati ad andar lontano.
Figlio di un pilota di bombardieri Wellington che partì quando Frank aveva solo un anno di vita, sua madre invece rimase a casa per garantirgli la miglior istruzione possibile.
Gli anni passano e la passione sfrenata di Frank per i motori scoppia quando negli anni cinquanta vede le sue prime gare di Formula 1 e di Le Mans; Da un lato Ferrari – Alfa Romeo occupavano le pagine dei giornali di Formula 1, dall’altra la 24h ore di Le Mans campionato prestigioso quanto la F1. I giornali britannici riempivano le prime pagine di ogni quotidiano grazie ai successi della Jaguar e Frank non perdeva occasione per comprare il giornale per tenersi sempre ben informato.
Tra il 1951 e il 1957 Jaguar ottenne la maggior parte delle vittorie grazie ad un team privato di Edimburgo battezzato, con una brillante allitterazione, Ecurie Ecosse. E così a 10 anni Frank recitava a memoria le specifiche di quasi tutti i veicoli dei settimanali Autocar e Motor. Ad oggi la sua collezione privata è ancora integra in casa sua.
Facciamo un tuffo nel passato per riscoprire un Frank Williams giovanissimo, pronto a tutto pur di raggiungere il suo scopo. Dalla vendita di pezzi di ricambio nel mondo, ai viaggi con Phill Hill. Estremamente povero e pieni di debiti, Frank non si arrese mai. L’eterna amicizia con Bernie Ecclestone – amico e prestasoldi – la stretta collaborazione con Patrick Head, le scommesse per vincere un penny, insomma il Frank Williams che tutti conosciamo, un tempo, era un giovane pieno di vita pronto a tutto pur di guadagnare un penny.
Nel 1967 si ritrovò a gestire una società di compravendita di auto, dal valore di oltre 160 mila sterline. Un lavoro duro con poco margine di profitto ma questo non lo fermò
Se da un lato c’era una crisi finanziaria, dall’altra c’erano dei segnali sempre più forti che arrivavano dal suo amico Pierre Courage. Tra il 1967 e 1968 Courage corse nel campionato di Formula Tasman. Un campionato che si disputava tra l’Australia e la Nuova Zelanda. Questo campionato era molto famoso ed attirava team importanti come Lotus, BRM, Ferrari.
In quella gara Courage optò per una tattica basata sulla regolarità delle prestazioni e questo gli consentì di ottenere un certo vantaggio con la sua McLaren. Una pista molto insidiosa per via del percorso; il circuito attraversava la ferrovia e un ponte di legno. Courage con destrezza portò alla vittoria quell’agile ma scadente McLaren e si aggiudicò la prima pagina della rubrica sportiva Daily Telegraph.
Dall’Australia a Londra per riscoprire la Frank Williams Racing Car Ltd cresciuta quanto bastava per il Campionato europeo di Formula 2. Un campionato che attirava i campioni del calibro di Jackie Steward e Jochen Rindt ( campioni del mondo nel 1969 e 1970 ).
Il 31 Marzo a Montjuic Park, a Barcellona, Williams e Courage fecero il loro debutto. Un quarto posto per Courage. Una settimana dopo si vola a Hockenheim e qui il pilota della Williams Racing Car Ltd si qualifica quinto ma quella domenica del 7 aprile 1968 viene ricordata per ben altro; il mondo del motor sport piange la scomparsa di Jim Clark.
Alessandro De Tomaso, le sue vittorie e la fine di un sogno
Il 1970 Frank si rese conto che la De Tomaso costava circa 61 mila sterline. Troppo. Ma il peggio doveva ancora arrivare.
E’ il 21 Giugno del 1970 e siamo a Zandvoort in Olanda, popolare località turistica vicina ad Haarlem. La De Tomaso era in costante aggiornamento. Miglioramenti tecnici sempre più importanti e Courage si qualificò al nono posto ad più di un secondo distacco dall’amico Jochen Rindt.
Sally Courage si sistemò in modo da tenere la tabella dei tempi. Continuò ad esporre la tabella fino al ventiduesimo giro segnalando Regazzoni al sesto posto inseguito da Piers e Miles, ma quello sarà l’ultimo giro in cui Courage passerà dal via.
Pierre Courage verrà trovato morto nella sua De Tomaso dopo uno schiatto a 220km/h contro una duna di sabbia, la vettura si capovolse e prese fuoco, all’epoca le misure antincendio erano inadeguate. Piers Courage morirà così, intrappolato nella sua vettura, nessuno ha mai chiarito o saputo se l’incidente fu causato da una cunetta, se era morto prima dell’incendio o se morì dopo il cappottamento e quindi nell’incendio. Dopo la scomparsa del suo caro amico, Frank Williams arrivò al punto di voler abbandonare le corse. Lady Sarah Aspinall ricorda così quei giorni: “La De Tomaso fu una delusione. Quell’auto era senza speranza, fu una cosa molto triste. Eppure Frank e Piers pensavano che, con un bel pò di lavoro, sarebbero riusciti ad aggiustare tutto; quello fu il loro atteggiamento. Dopo Zandovoort, Frank era distrutto. L’incidente accadde poco dopo la morte di Bruce, e poi non dimentichiamo che, un paio di mesi più tardi, ci fu l’incidente di Jochen. Io però sapevo che Frank sarebbe andato avanti perchè lui viveva per questo. Piers sarebbe inorridito al pensiero che Frank potesse gettare la spugna.”
“Tutte le persone che gareggiavano vennero al funerale. Persino i più duri piloti avevano gli occhi rossi dal pianto. Adoravo Piers. Mi chiedevo come avrei fatto ad andare avanti, incontravo sempre nuovi debiti per pagare quelli vecchi, mi limitavo a tirare avanti.” Frank Williams
1977 FRANK WILLIAMS E PATRICK HEAD FONDANO LA WILLIAMS GP ENGINEERING E DA QUI SI ENTRA IN COMPETIZIONI CON I GIGANTI
A Didcot si presentò un gruppo di giornalisti e lo fecero per due ragioni: La curiosità per la prima auto della Williams Grand Prix Engineering e l’affetto per l’uomo che la dirigeva. Senza ombra di dubbio quell’anno tutti si aspettavano un altro fiasco tipo la Politoys o qualcosa di simile. Invece davanti agli occhi dei presenti c’è una Williams FW06 straordinaria vettura creata con grande abilità tecnica. La monoposto presentava il logo della Saudia sull’anteriore e sul posteriore. Il pilota? Un uomo robusto, capelli neri con una sgargiante tuta bianca nuova di zecca, comprata per l’occasione. Alan Jones. La FW06 non era certo perfetta, ma doveva esserlo per i suoi investitori; Lo sceicco Kamal Sindhi e Al Fawzan furono il trampolino di lancio. Gli arabi aiutarono Frank a fondare la nuova scuderia in un capannone di tappeti abbandonati. Per loro fu la prima esperienza in questo mondo e a Brands Hatch ebbero l’opportunità di vedere dal vivo il loro investimento con Jones alle prese con le foto di rito per gli sponsor. L’Argentina si rivelò un fiasco a causa di un vapour lock, Jones si migliorò in Brasile due settimane più tardi con l’ottavo tempo migliore in assoluto. Il primo anno fu di assestamento, errori di progettazione da parte di Patrick Head resero la prima vettura poco affidabile. Il 1977 fu l’inizio della sfida ai giganti della Formula 1 come Lotus tanto veloce e agile ma allo stesso tempo fragile, le bellissime creature di Ferrari, McLaren, Brabham.
Nel 1979 la grande rivoluzione. Chapman portò la prima vettura con effetto suolo, bellissima ma inguidabile, McLaren copiò l’idea della Lotus del 79 in modo plateale. Patrick Head, invece, forte delle sue esperienze, portò un aggiornamento importante nello stabilimento: La galleria del vento. Quando venne usata per la prima volta rimase parecchio scioccato nel scoprire la bassa efficienza della FW06. Possiamo solo immaginare l’espressione di Head davanti a quelle immagini.
La FW07 per fortuna si rivelò più veloce del previsto nonostante le sue carenze. Finita nei tempi prestabiliti, a Long Beach iniziarono i test che fecero ben sperare. A Monaco Alan Jones sbaglia e finisce a muro, Regazzoni sfiora la vittoria nonostante l’handicap della seconda marcia bloccata, riuscì comunque a recuperare 13 secondi su Scheckter leader della gara a bordo di una Ferrari e arrivò secondo per pochissimo. Il festaiolo Regazzoni regala un sorriso a tutti, compresi gli arabi che erano venuti in visita al prestigioso Gran Premio. Possiamo solo immaginare come avrà festeggiato Regazzoni, e sono sicuro che ancora oggi, quel suo sorriso sotto ai baffi, e il suo sguardo da furbo fa sorridere ancora molti di noi appassionati.
“Non serve un cronometro. Basta osservare per cinque minuti alla Copse o alla Stowe, o in qualsiasi altra curva del circuito, per capire tutto molto più chiaramente. La Williams era la più veloce in entrata, percorrenza e in uscita. E’ la più veloce vettura in pista.”
Cosi fu scritto su Autosport da Simon Taylor. Il Gran Premio di Silverstone apre le porte alla prima vittoria della Williams FW07, vettura straordinaria e nettamente superiore a tutte le altre. Le novità presentate in quel lontano 1979 portarono un vento di novità; le fiancate carenate riuscivano ad incanalare il flusso d’aria alla base del motore, questo portò ad un aumento delle prestazioni in modo esponenziale. Velocità, malagevolezza, spaventarono Frank a tal punto che dubitò del cronometro e di ciò che vedeva. Alan Jones aveva abbattuto il record che resisteva da oltre tre anni di sei secondi. Frank sognava la vittoria. Patrick e Frank però non erano sereni, dubitavano di quel Cosworth. I lunghi rettilinei causavano un consumo eccessivo di olio, la casa produttrice consigliò di sostituire il propulsore. Wayne Eckersley e John Jackson montarono il propulsore nuovo, fecero i test per verificare l’affidabilità dei componenti e… la pompa di benzina non funzionava! Si riparte da zero, alle 05.30 del mattino finiscono il lavoro. Alan Jones si qualificò in Pole Position mentre Regazzoni solo quarto. Finalmente la Williams era sotto i riflettori di tutti! Regazzoni conduce la gara davanti alla Renault di Jabouille.
Manca un solo giro, la tensione e alle stelle, è palpabile. L’auto N28 passa davanti al traguardo e si appresta ad affrontare l’ultimo giro, quando Regazzoni arrivò alla Woodcote per l’ultima volta, la tribuna esplose di gioia, il tripudio degli spalti accompagna l’uomo baffuto dal sorriso di un bandito. 14 luglio 1979 la Williams vince il suo primo Gran Premio, in casa, a Silverstone, con Clay Regazzoni.
Il 1994, i mondiali vinti, la macchina perfetta, un trio magico nel mondo della Formula 1 l’alchimia che li accomuna hanno regalato emozioni dure, pure, aspre, lotte fisiche e mentali
La vettura più bella di tutti i tempi? La Williams Renault. Bella e dannata. Da Prost a Hill, Senna, Coulthard, Villeneuve. Con Senna alla guida di quella vettura, secondo Frank, avrebbero potuto vincere quattro titoli mondiali di fila. Un giovane Schumacher si faceva strada con una Benetton non del tutto legale. dal 1994 al 1997 ci furono le sfide più belle e avvincenti dove vennero scritte le pagine più importanti della storia Williams. Dalla morte di Senna alla lotta Hill-Schumacher per il titolo mondiale, per arrivare al sorpasso bellissimo di Villeneuve hai danni di Schumacher all’esterno dell’ultima curva a Barcellona. Si arriva al 1997, a Jerez. La sfida iniziata a Melbourne nell’ultima domenica di marzo giunge al termine. Ferrari contro Williams. Villeneuve il giovane pilota figlio del grande Gilles vincerà l’ultimo mondiale per la Williams dopo che Schumacher decise di speronarlo volutamente per ritirarsi insabbiando la vettura. Il motivo? Una guarnizione della pompa dell’acqua cedette e quella Ferrari che poteva regalare il primo mondiale in rosso del tedesco fece prendere la decisione più scorretta e illegale secondo la FIA. Ma per la Williams poco importa. Nonostante la vettura danneggiata e una centralina che faceva i capricci Villeneuve è campione del mondo nel 1997.
AUF WIEDERSEHEN, P1. DOPO IL 1997 FRANK WILLIAMS HA INIZIATO UN LENTO E DOLOROSO CICLO DI DELUSIONI. L’EPOCA VINCENTE ERA FINITA, RIMANGONO I RICORDI DI UN TEAM PERFETTO, DELLA FORZA BRUTALE DI MANSELL E DEL SOGNO SENNA SPEZZATO TROPPO IN FRETTA
Color granata o blu? Ha importanza? La Williams non troverà più la retta via per tornare tra i giganti. L’addio di Adrian Newey passato nel 1998 alla McLaren sembra aver causato un vuoto nel team inglese e Frank dovette assistere impotente ad continue delusioni. Il pioniere delle determinazione però non si arrese e come sempre lavorò con tutti per cercare di tornare tra i grandi. Ferrari iniziò a diventare imbattibile; il binomio Schumacher-Ferrari era incredibilmente potente. L’ingaggio di Montoya e i propulsori BMW portarono una nuova speranza. Nel 2003 riuscirono ad accarezzare il sogno mondiale proprio grazie al colombiano e la Williams decolla in testa al mondiale piloti e costruttori. Si arriva al Gran Premio d’Italia, Monza. Ferrari si fa trovare pronta alla sfida e per dare battaglia; e così sarà! La collaborazione con BMW prosegue ma senza grandi risultati. La vettura cambia forma, si cercano soluzioni aerodinamiche per migliorare la velocità a velocità di punta, ci si affida ad idee zoologice – quel bellissimo muso a foca. Nonostante tutti gli sforzi e investimenti Frank Williams inizia ad avere problemi con i fornitori del propulsore, la mancanza di vittorie porta alla perdita di Montoya che firma per McLaren e infine si chiude il contratto con BMW.
La storia di Frank Williams è fatta di alti e bassi. Una vita difficile piena di debiti, continui trasferimenti e sfratti. Ma come ho scritto nel titolo Frank Williams è stato è sempre sarà un pioniere di determinazione che neanche l’incidente di Nizza ha spezzato. Nonostante oggi non può partecipare ai Gran Premi e seguire la sua squadra, Frank non perde occasione per farsi vedere in azienda. Ci sono stati molti investitori pronti a comprare la scuderia inglese ancora oggi privata ma la famiglia Williams non molla il colpo. Ci hanno fatto sognare con Bottas e Massa con il propulsore Mercedes.
Un sogno platonico e niente di più.
Grazie Frank per avermi fatto sognare e per averci fatto emozionare.
Si chiude un’era. Mi sono avvicinato a questo sport quando la @WilliamsRacing dominava in lungo ed in largo. La porterò sempre nel cuore.
Mi mancherai zio Frank#williams #F1 #ItalianGP pic.twitter.com/qKpbFL1lQq— Diego Catalano (@diegocatalano77) September 6, 2020