Euro Nascar,

Muscle Car e velocità.

Il mondo Euro Nascar è anche questo, un binomio di muscoli e velocità, strategia e furbizia, con un pò di creatività emotiva e voglia di buttarsi nella mischia. Arianna Casoli è il perfetto mix di tutto ciò: Pilota, mamma, un vulcano di energia, l’ammiraglio del sotto marino Ottobre Rosso.

Nella mia vita agonistica mi sono sempre messa alla prova, spesso più per una sfida personale.

Fin dall’inizio ho capito che per imparare a guidare devi capire la macchina, devi conoscerla. Ad oggi questo insegnamento mi permette di capire qual è il problema e dov’è, per migliorarmi ma soprattutto per lavorare su me stessa e col team sulla messa a punto .

Tu Arianna sei entrata con umiltà e consapevolezza…

Avevo bisogno di ritrovare me stessa, avevo bisogno di respirare aria nuova ma soprattutto fare qualcosa che mi aiutasse a “ricostruirmi” per certi versi.

Ritornare in pista dopo tanti anni facendo qualche gara nel trofeo monomarca SEAT nel 2015 era un modo per distrarmi da altri problemi, primo week-end di gara ero in coppia con Volpato, un pilota giovanissimo, forte, veloce, fu molto divertente, anche se decidemmo di affrontare due gare separate alla fine invece di condividere la macchina. Tornai a casa con la consapevolezza che risalire in macchina dopo 14 anni, senza test o altro allenamento, così da un giorno all’altro, sarebbe stata una sfida interessante per le tappe successive. Alla tappa di Misano arrivai più serena perché “Misano la conosco” e invece… NO!, mi sono ritrovata a correre di notte, sulla pista al contrario. Una grande sfida, che ricordo con grande soddisfazione.

Perché alla fine anche quella fece parte di quelle esperienze che ti fanno crescere, impari per forza e devi farlo velocemente e riuscirci fa crescere un pochino la consapevolezza che “si può fare”.

Durante l’inverno, quando pensavo che la mia parentesi in pista si fosse conclusa, per una serie di coincidenze feci qualche shakedown per rodare dei motori per un amico e mi ritrovai a rodare anche il motore di una EuroNASCAR… e proprio per questa casualità è iniziata questa avventura che non avrei mai pensato di poter fare dopo i 40 anni e che mi ha cambiato completamente la vita.

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©Nina Weinbrenner

Per una donna quanto è difficile iniziare? Hai trovato grossi ostacoli?

Le difficoltà ci sono, sono tante. La più grande fortuna è stata che mi ero già un po’ fatta le ossa da giovane in campionati monomarca, noti per essere piuttosto ostici e combattuti, e dove “bagarre” e sportellate a muso duro non sono mai mancate. E mai mancheranno.

Come affronti le collisioni o le situazioni pericolose durante una gara?

Se posso le evito, ma fanno parte del gioco e non sarebbero gare interessanti forse se non vi fosse anche questo fattore… in ogni caso finire la gara penso sia fondamentale in termini di campionato. Senza dimenticare che si devono fare i conti con il budget, quindi cercare di contenere alcune situazioni a volte è necessario. Non fraintendetemi perché è una NON strategia, ma penso che imparare a leggere gli avversari, capire quando forzare e quando rimanere in attesa per trovare il momento giusto per attaccare, sia una chiave non del tutto sbagliata quando si arriva a fare il conteggio dei punti a fine campionato ed è l’unica cosa che conta. Ecco perché per me è fondamentale portare a casa la vettura e finire la gara.

In quanto alle situazioni “pericolose” … partiamo dal presupposto che il motorsport non nasce come sport tranquillo ma si va sempre alla ricerca del limite, personale e della macchina, e farlo in pista da una parte è il modo più sicuro e corretto, dall’altra è pur sempre il limite quello che stabilisce cosa sia pericoloso o meno. Farlo, quando si è tanti in pista, mentre ciascuno cerca di ottenere il risultato migliore, ovviamente, mette in gioco una moltitudine fattori aggiuntivi che spesso è difficile controllare ma che vanno gestiti al meglio. Penso che ci voglia tanta consapevolezza per riuscire e tanto lavoro fisico, mentale e tecnico che spesso viene sottovalutato. E il pericolo, quello vero, arriva proprio quando questi elementi vengono sottovalutati.

Come gestisci la pressione durante una gara?

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©BartDeahese

Il team è fondamentale. Nel pre e post gara entro per certi versi in una mia “bolla” di concentrazione. I briefing tecnici, la condivisione delle informazioni e delle scelte col team e con gli altri piloti con cui condivido la macchina (anche se ognuno fa la sua gara) non solo permette di avere una panoramica molto più ampia di tanti dettagli ma aiutano a migliorare sempre. La costante comunicazione con il team ed interagire con loro per me resta un dettaglio importante per raggiungere il massimo in ogni race week.

 

Chi sono i piloti che ti hanno segnato maggiormente, tanto da iniziare la Nascar?

Cresciuta fin da molto piccola in ambienti motoristici grazie alla passione, divenuta un lavoro di mio padre, per qualche anno anche in F1 come DS, mi ha lasciato sempre quella sensazione di voler assaporare cosa si prova a scendere in pista con casco e tuta. Vedere cosa si provasse. Sono sempre stata curiosa ed affascinata dal lavoro dei meccanici, da come vedevo i piloti fuori dalla pista e in pista, era il mondo in cui sono cresciuta e mi sembrava quasi “normale” vedere certe dinamiche. Anche se forse ora mi rendo conto che non lo siano per tutti. In particolar modo, nonostante ci siano stati tanti miglioramenti in tal senso, vedere le donne in certe posizioni in ambito motoristico risulta ancora “anomalo”: piloti, meccanici, ingeneri etc… nonostante ce ne siano più di quante si possa pensare.

Mi incuriosiva la “normalità”. Tutto faceva parte di un mondo per certi versi parallelo ma reale. Dove tante dinamiche, per me “normali”, per altri non erano fattibili, nemmeno pensabili. Tra queste anche la parte emozionale che è quella più potente, perché in un weekend di gara puoi vivere in modo parallelo picchi di emozioni positive e negative, adrenalina a palate e sconforto che si avvicendano a distanza anche di frazioni di secondo in un mix che ti travolge. Vedere piloti, ma non solo essi, gestire tutto questo, in perfetto equilibrio con le loro vite quotidiane è affascinante.

Come ti senti essendo così vicina all’inizio del campionato?

Serena. Non ho ancora avuto modo di provare la vettura quest’anno, ma sono in forma e pronta a partire per un nuovo campionato ricco di nuove sportellate e guerre agonistiche in pista. Tanta curiosità per il nuovo cambio sequenziale e per vedere chi saranno gli avversari. Si inizia sempre con entusiasmo.

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©German Sport

Nella tua infinita carriera ci sono state esperienze particolari?

Nella mia vita agonistica ci sono state tantissime esperienze diverse e particolari, sia a livello personale che agonistico. Ho una carriera atipica, aspettative più legate a me stessa che non al risultato generale e vivo tutto con passione. Amo imparare, conoscere e mettermi alla prova… ho per certi versi una mentalità conservatrice – in termini di salvaguardare la vettura – ma molto aperta e curiosa. Incidenti veri pochi, capita, ma non causati da me e questo mi ha insegnato due cose: cercare sempre di capire cosa sta succedendo intorno a me e quando possibile prevenire. Se volessimo definirmi conservatrice, in questo senso si, lo sono, ma non per questo mi tiro indietro, analizzo e cerco sempre di gestire invece la situazione per come si presenta, tutto è molto rapido e di certo non semplice, ma l’adrenalina aiuta.

Quando ho iniziato tanti anni fa lo feci per curiosità, senza aspettative ne pretese, un po’ come oggi per certi versi. Poi la vita porta cambiamenti, si cresce, nel tempo è arrivata la laurea, un figlio, insomma, tutto ciò che poi ne segue, mi son ritrovata a fare una vita diversa per tanti anni. Un giorno arrivai in circuito per un evento e c’era Valentina Albanese con cui avevo condiviso la pista da ragazzina e che mi punzecchiò finché non feci un test… Quel giorno, forse ha stravolto la mia vita e così ho rincominciato a correre. Per me era un periodo molto difficile, tornare a correre fu la mia medicina per tornare ad esser me stessa.

Il mio curriculum è sicuramente vasto, parte dagli anni ’90 dove ho partecipato al trofeo Renault Clio in Italia, poi Saxo Cup, Smart Micro Cup, Rover MGF, trofeo Mini,… poi uno stop di 14 anni quasi, sono ripartita con le gare promozionali per Seat. Grazie all’aiuto di un’amica, Valentina Albanese, è cominciata la carriera vera e propria in NASCAR dove ho conquistato 5 titoli Lady Trophy, dal 2016 al 2024. Nel 2020 riesco ad ottenere la mia prima top-5 in carriera, al circuito di Zolder, conquistando anche titolo Legend Trophy, riservato ai piloti over 40.

La mia carriera rappresenta anni di allenamento, strategia, ma soprattutto divertimento, per questo credo in ogni esperienza come un’avventura vera e propria.

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©NASCAR Brasil

Quanto è importante la determinazione per raggiungere un sogno?

Molto. Ti basta pensare a Cuvelo. Quando mi chiamarono per essere in Brasile, io ero in Francia alla presentazione della nuova Lancia a Marsiglia. Dal giovedì notte, quando ho ricevuto la conferma dell’invito ufficiale a partecipare alla gara, rientro sabato mattina a casa e domenica notte ero già su un aereo per il Brasile, mi dissero che mercoledì dovevo essere li. Un’esperienza stratosferica.

Thiago Marques, che è l’organizzatore del campionato NASCAR Brasiliano, aveva come obiettivo di presentare un progetto di gara NASCAR su ovale entro il 2026, ma bisognava anche costruire un ovale, come spiega nel documentario YouTube che racconta la storia. Ha iniziato a parlarne col proprietario della pista di Cuvelo (circuito nello stato di Minas Gerias) e il progetto si è realizzato a tempo di record.

Dopo appena 6 mesi dal primo contatto, arrivano le foto della costruzione della pista. A distanza di 2 mei la pista era finita! Pensa che il mercoledì quando sono arrivata in pista stavano ancora completando le tribune. In quei luoghi ti rendi conto come la passione, la determinazione ti permette di raggiungere i tuoi sogni.

Qual è la gara che ricordi con più emozione o soddisfazione e perché?

Tante gare mi hanno lasciato emozioni e ricordi, soddisfazioni tante, così come emozioni, vivo tutto molto di cuore. Ma ad oggi forse la più speciale è stata proprio la gara su Ovale in Brasile a Curvelo. Per tanti motivi, sia a livello personale che di carriera: prima donna a correre nella Serie Brasiliana e per di più nella prima gara su Ovale, fondamentalmente un evento particolare per la Serie, una conquista e tante emozioni per aver potuto scrivere una piccola pagina nella storia immensa della NASCAR.

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©Nina Weinbrenner

Che macchine guidi e come è il format del Campionato NASCAR Europa?

Le Euro NASCAR sono sostanzialmente delle Stockcar con un telaio tubolare e nulla è derivato dalla serie ormai proprio come le NASCAR americane delle diverse categorie esistenti. Sono vetture concepite per essere molto resistenti.

Motore V8 5.7 a carburatori, senza elettronica, ne ABS e da quest’anno cambio sequenziale meccanico, a leva, con 5 marce più la retro. Un set di gomme per tutti il weekend dalle qualifiche fino a gara 2 , quindi la gomma devi riuscire a gestirla bene per farla durare, e riuscire ad arrivare in fondo a gara 2 con una macchina ancora performante.

Quanto influisce il fatto che tu sia una donna nel tuo rapporto con la macchina e la performance durante una gara?

Differenze fisiche tra uomo e donna, ce ne sono di certo, ma non vanno vissute come un limite, in uno sport dove si corre letteralmente tutti insieme con le stesse regole e la stessa attrezzatura senza correttivi, ma semplicemente che bisogna affrontare gli allenamenti in modo diverso. Le ragazze ad oggi arrivano molto più preparate fisicamente, hanno una struttura diversa perché il fisico viene abituato nel tempo alle necessità del motorsport, spesso partendo dai kart. Quando ero una ragazzina io, poche ragazze pensavano di cominciare una carriera vera e propria, spesso si arrivava alle corse molto meno preparate fisicamente e mentalmente rispetto a quanto accede oggi. Io ho iniziato tardi a correre. E questo fa la differenza.

Ma la capacità di adattamento e saper sfruttare al massimo il proprio potenziale, oltre che una buona dose di resilienza, sia mentale che fisica aiutano a compensare. Ci vuole metodo, tanta costanza, duro lavoro, umiltà e consapevolezza. Essere realisti aiuta a capire cosa fare, ma soprattutto affrontare ogni cosa con “professionalità” alla fine permette di arginare ogni differenza. Il dibattito è ampio, si stanno facendo tanti passi avanti e tanto rimane ancora da fare.

Per molti accettare il cambiamento non è facile.

Ma rispetto, collaborazione e passione, hanno fatto e stanno facendo la differenza, ci sono già stati passi da gigante verso la normalizzazione delle differenze. Spero di essere un esempio per le generazioni future, non solo in quanto donna ma anche per aver intrapreso un percorso atipico. Ho re-iniziato ad un’età non usuale in questo sport per le donne, seguendo le mie passioni con determinazione, perché in fondo forse siamo proprio noi stessi che ci mettiamo dei limiti e non ci attentiamo a cercare di superarli. Ma quando ci riusciamo la soddisfazione è veramente grande.

Il motorsport può far interessare o c’è grande disinteresse? In generale.

Come tutti gli sport l’interesse è generalmente “di nicchia”: chi ama il calcio, chi il tennis, che il motorsport, chi il golf, chi lo sci;

L’interesse penso derivi dal contesto in cui si vive o si è cresciuti, ma anche da eventi particolari o da come certi personaggi carismatici entrano in un determinato contesto

Vi faccio un esempio recente. Io sono passata davanti alla pista di Fiorano, per portare a scuola mio figlio, per 7 anni e vedevo la città deserta. Grazie a Lewis e al connubio con Ferrari l’interesse è divampato improvvisamente e la città di botto ha rivissuto con un entusiasmo incredibile il suo arrivo. Erano tanti anni che non si vedeva così tanta gente attorno alla pista per i test, tanta curiosità, ed è bello. Spero che il suo arrivo porti un vento di novità importanti. Mi mancava vedere la gente sulle siepi. Il motorsport fa anche questo.

C’è una Parola che oggi è più usata, rispetto al passato: Resilienza. Devi averla per riuscire nei tuoi obiettivi in quanto è fondamentale per ripartire anche quando i dolori ti distruggono, quando mentalmente sei ko, quando pensi di non farcela, perché a volte ricominciare non è semplice, ma riuscirci ti da la spinta che serve e vale ancora di più.

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©BartDeahese

Un tuffo tra i ricordi di Arianna:

“Il paddock del circuito di Magione negli anni 70 se pioveva era tutto fango. Seguivamo Baldi con la sua carriera sportiva, all’epoca erano altri tempi. Tutto molto più semplice, spesso si viaggiava col camper per migliaia di km.”

“Ǫuando andai a Valencia per la prima gara EuroNASCAR mi trovai coi responsabili Media del Campionato che non mi conoscevano e si chiedevano come mai in internet non trovavano nulla…”

“Una volta è venuta una mamma da me e mi ha detto: “ti devo ringraziare perché grazie a te ho provato i go kart, mi sono divertita come una matta!”

E’ una bella soddisfazione, ti rendi conto di quanto può essere importante dare l’esempio giusto.

Motorsport is beautiful.

Giovanna Corona e Andrea Ranucci

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