Un pilota quasi dimenticato e molto veloce, con il suo Renault Gordini Turbo
Jean-Pierre Jaboulle nasce a Parigi nel 1942 e cresce a pane e motori. Da adolescente sogna di guidare una vettura da pista e nel 1966 riesce a centrare l’obbiettivo. Comincia con il Monomarca Renault Gordini e nello stesso anno insieme a Jean-Louis Marnat, si presenta alla 1000 km di Monza con una Marcos Mini Gt. Risultati di rilievo che lo aiutano a far crescere la sua passione per questo mondo a quattro ruote. Nel 1968 debutta alla 24 Ore di Le Mans con una Alpine A220 in coppia con il transalpino Jean Guichet e si laurea vicecampione francese di F3 dietro a François Cevert.
Le abilità di guida di Jabouille non passano inosservate alla casa francese, anche se questo ragazzo biondo e secco ha l’aria di un commercialista piuttosto che di un pilota. Invece no. Alpine ci crede, investe e lo ingaggia come collaudatore per le sue vetture. Nel 1969 si dedica anche al campionato di F3. A Monaco arriva terzo dietro ai due svedesi Ronnie Peterson e Reine Wisell, e conquista la medaglia di bronzo nel campionato francese di Formula 3 vinto dal transalpino François Mazet. Nell’endurance, Jean-Pierre taglia per la prima volta il traguardo in una gara valida per il Mondiale Sportprototipi arrivando sesto alla 1000 km di Monza con una Alpine A220 insieme al connazionale Patrick Depailler.
Un equipaggio francese per nuovi orizzonti
Gli anni settanta sono un periodo di svolta per Jabouille, che lo vedono al secondo posto in qualunque categoria: al Tour De France con la Matra MS650 con Henri Pescarolo e Johnny Rives; l’anno seguente – con una Ferrari 512 M guidata insieme al francese Jean-Claude Guénard e allo spagnolo José Juncadella – in concomitanza con l’ennesimo titolo transalpino F3 sfumato (2° dietro a Depailler); nel 1973 è terzo alla 24H di Le Mans con una velocissima Matra-Simca MS670B. Il suo ruolo da collaudatore gli permette di mettersi alla guida del primo motore Turbo Renault Gordini con l’esclusiva. Un pilota formidabile, scelto, non a caso, dalla Renault per portare alla vittoria una vettura segnata, all’inizio, dai mille guai di affidabilità. Ma poi veloce, velocissima, sempre pronta a sprigionare in pista i suoi cavalli sovralimentati e aprire i cancelli ad una nuova epoca.
Un secchione tra i banchi di scuola, un eccellente collaudatore in pista. Un ragioniere mancato, forse, Jabouille. Il debutto in Gran Bretagna nel ’77 fu l’inizio di tutto, insieme ad un certo Villeneuve che si è fatto notare per la sua determinazione di distruggere più che arrivare. Un inizio amaro il suo, come la storia racconta, in quel debutto rosso-bianco della McLaren ma che trova un rilancio in Ferrari. Una svolta che fece scaldare le lingue e gli animi di tanti ma che non scalfì in alcun modo la scelta fatta da Ferrari, che disse: “Quando vidi questo piccolo uomo tutto muscoli e nervi mi ricordò Nuvolari ed è per questo che non esitai a portarlo a Maranello.”
Destinato a restare nell’ombra
Pronti via e i mondiali ’77 e ’78 sono un disastro. La Renault non va. Motore generoso ma troppo fragile. In quegli anni Jean-Pierre Jabouille vide la bandiera a scacchi quattro volte su quattordici gare, e andò a punti solo al GP degli Stati Uniti. La storia cambia nel 1979 nel giorno della prima vittoria della Renault-Turbo, con Jean-Pierre Jabouille che a Digione vince anche la sua prima gara in F1. L’attenzione per quella gara dominata dalle macchie gialle veloci come saette rende noiosa la corsa. L’attenzione si concentra sul duello Arnoux-Villeneuve, con la seconda Renault, un duello da Hall of Fame: Ruotate, staccate oltre i limiti, gomme bruciate, fiancate segnate da ruotate pesanti come macigni ma caspita che duello! In tutto questo Jabouille si presenta sul rettilineo, solo, trascurato da una vittoria solitaria e in ombra. Che brutto! L’attenzione di quel Digione ’79 che ancora oggi fa emozionare e saltare dagli sgabelli di ogni officina o sedia d’ufficio, come fosse ieri, come fosse oggi. Applausi e strette di mano “congratulazioni Jean-Pierre Jabouille” baci e abbracci, tutto molto rapido e insensibile, mentre la festa era tutto per loro due, quelli che sono arrivati dietro che ridono pensando alla loro guerra in pista.
Un turbo che trasforma i sentieri in autostrade. Nel 1980 arriva la seconda vittoria per Jabouille in Austria. In Canada trovò un muro che gli ruppe gli arti inferiori e spezzò, in parte, la sua carriera. Il tutto mentre anche gli altri puntavano decisi sui motori sovralimentati, Ferrari compresa, Villeneuve compreso, capace di vincere nel 1981 addirittura a Montecarlo con la prima rossa turbocompressa, una giornata anche quella memorabile.
6 pole position, 2 vittorie, 55 corse in Formula 1
Dopo una carriera affina in F1, il giovane parigino che portò ad una storica vittoria il motore Turbo, viene in fretta dimenticato. La F1 lo rigetta come un mare in tempesta, gli addetti ai lavori un pò meno, gli appassionati, forse, si ricordano di lui per Digione e per poco altro. Quel commercialista, architetto biondo timido e concentrato oggi compie 78 anni. Chissà cosa pensa di questi motori affannati, che lui, più di ogni altro, conosce così bene.
Finita la F1 si dedica alla Ligier come Team Manager, nel 1991 partecipa con BMW al campionato turismo. Una breve collaborazione con Peugeot per Le Mans per conquistare nel 92-93 due terzi posti sulla Sarthe con il nostro Mauro Baldi.
Jean-Pierre Jabouille continua a correre come pilota nella categoria GT fino al 2005, anno nel quale si ritira definitivamente dal mondo delle corse.
JP Jabuille – Reanult RS1 Turbo – Watkins Glen 1978 pic.twitter.com/Rj3XUIOf6v
— Luca (@Digione_79) May 6, 2013