Il bresciano Bruno Giacomelli, campione di F2, ha corso con moto e auto. Suo il record di vittorie nella categoria dove vinse il campionato. Tradito da Enzo Ferrari, dimostrò che la scelta fatta dal modenese fu sbagliata.

Bruno Giacomelli nasce a Poncarale nel 1952. Appassionato di motori iniziò la sua carriera agonistica piuttosto tardi. Prima delle auto ci furono le moto, in particolare le moto da cross. Restò in quel mondo per diversi anni, giusto il tempo di farsi le ossa poi scopre l’automobilista, decidendo di iscriversi ad una scuola di pilotaggio per poi andare in subito in Formula Ford. Come tutti i bresciani, Giacomelli è un uomo coriaceo e dimostra sin da subito le sue capacità. Il 1974 è un anno sabbatico per lui, nel 1975 invece si rifà recuperando il tempo perso. Verrà proclamato vincitore della categoria Formula Italia. La prima vittoria in carriera.

Bruno Giacomelli gp usa 1980

© Richard Kelley f1

“In Formula 1 ho avuto tanti compagni di squadra. Tra questi dico Andrea De Cesaris: era un grande pilota ma soprattutto un ottimo ragazzo. Con lui ho legato più degli altri. Avevamo delle similitudini, delle affinità che sono emerse nel nostro percorso”.

Bruno Giacomelli non è un pilota fortunato come tanti suoi colleghi. Per poter continuare ad inseguire il suo sogno, il bresciano si arrangiava con ogni tipo di lavoro a disposizione. A quei tempi la vita era più agiata e il lavoro era alla portata di tutti.

Nonostante i sacrifici dovette fare una scelta; rimanere in Italia e continuare a vivere vicino casa oppure migrare per cercare fortuna e continuare a sognare. Scelse l’Inghilterra. È il 1976 quando saluta tutti per inseguire il sogno chiamato F1.

Arrivato in terra inglese, l’italiano si diede subito da fare per trovare un sedile. Trovato l’ingaggio per il trofeo ShellSport, in Formula 3 guiderà alla vittoria una March. Con la stessa vettura arriverà secondo nel trofeo BP. A metà stagione dominò il week-end a Montecarlo, ricevendo la promessa di un posto in Formula 1 per l’anno successivo da parte di Enzo Ferrari. 

Ma i sogni, si sa, non sempre si realizzano. Dopo la promessa di Ferrari fatta in quel magico week-end, dovette fare i conti con una brutta delusione; Ferrari non mantenne la promessa, ma si premurò di trovargli un posto in Formula 2. Spinto dalla delusione, il bresciano dedicò testa e cuore alla March disegnando specchi e pedaliera, e nel 1978 si laureò campione italiano ed europeo con 8 vittorie su 12 gare.

FINALMENTE LA F1

Nel 1977 esordì, a bordo della McLaren di Villeneuve, al gran premio di Italia. Un assaggio. L’anno successivo disputò altre gare, sempre con il team di Waking guidando una M26 obsoleta. Sull’abitacolo, al posto del nome, portò l’indicazione Jack O’Malley, il nome con cui era stato eufonicamente ribattezzato dagli inglesi. Arrivò una chiamata anche da Sir. Frank Williams ma poi venne scaricato per mancanza di esperienza e il suo posto lo prese Regazzoni.

La grande occasione chiamata Alfa Romeo

Bruno Giacomelli monaco 1981

© LAT Images

“Sono due i momenti da ricordare: la pole position a Watkins Glen nel Gran Premio degli Stati Uniti del 1980 con l’Alfa Romeo ed il terzo posto a Las Vegas nel 1981 sempre con l’Alfa Romeo. Nel primo caso ricordo quanto mi sentivo a mio agio e andassi forte già dal venerdì. Nel secondo il podio fu una grande soddisfazione personale”.

Monza 1979. Week-end che vede un assenza importante nel campionato: il Gorilla di Monza deve fermarsi per un infortunio, Alfa Romeo si trovò senza un pilota ed è così che Giacomelli riceve la sua chance per farsi notare in F1. Non ottenne però grandi risultati, nonostante si fosse occupato dello sviluppo della vettura, molti ritiri e pochi aggiornamenti tecnici non gli permisero di guadagnare punti in classifica.

I ricordi fanno male quando si perde un amico. Bruno Giacomelli ricorda così quel week-end tedesco che, nel 1980, spezzò la vita di Patrick Depailler

“Quel giorno ad Hockenheim eravamo solo io e Patrik Depailler in pista. Lui mi fece provare la sua macchina perchè disse di sentire uno strano rumore. Feci qualche giro e poi tornai ai box perchè nel frattempo era venuta pronta la mia. Lui salì in macchina, fece una prima tornata ma alla seconda non passò più e capimmo. Ad Hockenheim corsi lo stesso: ricordo come se fosse oggi tutti i passaggi a quella maledetta curva. Ogni tornata era un pugno allo stomaco”.

Cosa successe davvero a Hockenheim non si saprà mai. Lo stesso bresciano si convinse che cedette una sospensione e che quel rumore era un avvertimento, un campanello di allarme non ascoltato.

Dopo quel week-end nero si vola verso l’America a Watkins Glen. Con la testa e con il cuore conquista una pope inaspettata e la domenica Bruno Giacomelli scende in pista pronto a dar battaglia a chiunque vuol portargli via la prima posizione. Rimarrà in testa alla gara per trentuno giri poi il pedale del gas si ruppe. La scuderia milanese decide di metterlo sotto contratto per due anni. Siamo nel 1981 e arriva il primo podio. A Las Vegas, con una vettura più affidabile, Giacomelli riesce a tenere il passo di Jones e Prost e conquista un terzo posto storico, l’unico per lui in carriera. Stagione finita: le delusioni sono tante, più di quella piccola gioia arrivata a Las Vegas. Passa in Toleman dove sarà scudiero di Derek Warwick, primo pilota per contratto. Anche qui non trovò molta fortuna e alla fine decise di abbandonare la F1.

1984-1990: un viaggio alla scoperta di nuovi mondi

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© Cahier Archive

Giacomelli scelse la Formula Indy per il 1984, il debutto avvenne a Long Beach con una Theodore. Durante il rookie test a Indianapolis sbatté tre volte e non avrà altre occasioni in quanto il programma americano venne interrotto. A fine stagione corse a Laguna Seca per il team Patrick e il buon risultato gli fece ottenere un contratto di metà stagione, valido unicamente per le piste stradali.Il 1985 ottenne come miglior risultato un quinto posto, ma incontrò più volte durante l’anno problemi di messa a punto della propria monoposto.

Dal 1986 al 1988 si alternò tra WTCC e vetture sport, per l’Interserie ed Endurance. L’ultima vittoria venne ottenuta a Fuji nel 1988, in Endurance. Nello stesso periodo testò l’Alfa Romeo per il campionato Cart, mentre nel 1989 ritrovò un volante di Formula 1 diventando tester per la Leyton House.

“Fu una scelta dettata dal progetto. Mi affascinava l’idea di un motore stellare ideato da Franco Rocchi, il padre dei motori boxter Ferrari. Quando scelsi la Life non guardai l’aspetto sportivo ma solo quello tecnico. Mi affascinava l’idea di migliorare le prestazioni della macchina. Non presi neanche una lira…”.

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